Alla luce fioca di qualche moccolo, il buio pare cosa viva. Striscia, sibila attraverso gli spifferi, si gonfia, avviluppa, nel tentativo di soffocare ogni cosa tra le proprie spire. E fa freddo. Troppo, per essere ai primi di ottobre. Un gelo che ti entra dal naso, dalle orecchie, dalla bocca, e ti ghiaccia le ossa, facendoti battere i denti, pure se non vorresti.
Primi del ‘900, periferia di Bologna. Arriva in città un uomo elegante, ma misterioso e apparentemente minaccioso dal forte accento inglese che chiede una stanza appartata con ingresso indipendente per poter andare e venire di notte senza essere disturbato. Il losco figuro nomina Emilio, un ragazzino sveglio, appartenente al gruppo dei Topi, orfani che vivono alla giornata, suo accompagnatore privato. Durante la notte, quando sarebbe più prudente restare in casa, il bambino dovrà accompagnare lo straniero nelle bettole a giocare d’azzardo uscendone sempre ubriaco, sconfitto e indebitato.
Ma la storia che fino a quel momento sembrava andare in una direzione prende una nuova piega all’arrivo di una nobildonna che, riconosciuta l’identità dell’Inglese, gli offre un caso: scoprire dove sia finito il marito scomparso.
Dietro quell’uomo losco ed enigmatico si cela l’ispettore Lestrade che giocando e bevendo, dissimula un grande dolore: la morte del suo amico Sherlock Holmes con cui aveva collaborato alla risoluzione di alcuni casi.
Come Sherlock Holmes e Watson, Lestrade e Emilio indagheranno insieme. Il maestro insegnerà all’allievo i trucchi del mestiere.
Il forte legame di affetto che si instaurerà tra i due cambierà la vita di entrambi perché spingerà i due protagonisti a tornare a vivere nonostante le sofferenze che si portano dentro.
Luca Occhi con la sua grande capacità descrittiva ci fa tornare a respirare l’aria dei sobborghi londinesi (anche se siamo a Bologna) di fine Ottocento.
Un romanzo che ha tutti gli ingredienti del giallo classico: misteri, indagini, azione e colpi di scena, ma attraverso questo romanzo l’autore esplora il dolore, l’amicizia, il rapporto padre-figlio, la speranza che da una situazione di sofferenza può nascere qualcosa di buono e che nella vita nulla è già scritto.
A cura di Una cartella di libri
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“Il mistero del cadavere senza testa”, Luca Occhi, Pelledoca.
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